Secondo l’affidatario del dicastero del Welfare per varare un riassetto pensionistico il governo Letta dovrà necessariamente mettere prima mano ad un piano di rilancio della crescita economica indispensabile per fornire le risorse necessarie alla sopra citata riforma.
Ma vediamo in che cosa consisterà questa correzione del sistema delle pensioni: la linea guida sarà la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro seguendo l’impostazione del decreto messo a punto dal Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano.
Dunque l’età pensionabile sarà variabile tra i 62 e i 70 anni, avendo maturato minimo 35 anni di contributi, ed il meccanismo molto semplice: chi abbandona il mondo del lavoro prima dei 66 anni riceverà un malus, mentre chi deciderà di restare oltre questa soglia d’età usufruirà di un incentivo.
Questo nel dettaglio lo schema proposto da Damiano: la decurtazione sarà dell’8% a 62 anni, del 6% a 63 anni, del 4% a 64 anni e del 2% a 65 anni; si riceverà invece un bonus del 2% se si deciderà di andare in pensione a 67 anni, bonus che salirà al 4% a 68 anni, a 69 anni l’incentivo sarà del 6%, mentre a 70 si arriverà all’8%.
Infine secondo questa ipotesi si potrà lasciare il mondo del lavoro a prescinderà dall’età anagrafica se si è in possesso di almeno 41 anni di contributi: una ipotesi che sicuramente farà piacere ai cosiddetti lavoratori precoci che svolgono magari un lavoro usurante.
Queste le dichiarazioni di Giovannini su una possibile modifica della Legge Fornero: “La riforma pensionistica che ha allungato l’età anagrafica per ritirarsi dal lavoro ha stabilizzato nel lungo termine tutta la finanza pubblica. Ha compensato decenni di sistema pensionistico di tipo retributivo che ha dato benefici a chi, in realtà, non aveva facoltà. La fase di slittamento tra il vecchio e il nuovo sistema è stata molto violenta con la riforma Fornero, ma può essere modificata per essere resa più flessibile”.
Per quanto riguarda l’annosa questione degli esodati, sempre l’XI commissione di Montecitorio sta discutendo un’altra proposta di Damiano, che va nella stessa direzione di quelle di differenti forze politiche, che prevede il finanziamento di un fondo di salvaguardia degli esodati rimasti fuori dai precedenti provvedimenti del governo Monti.
Si tratta, in base a stime dell’Inps, di circa 65 mila persone che si sono improvvisamente ritrovate senza assegno pensionistico e senza più reddito da lavoro a causa della vituperata legge Fornero: una ingiustizia da sanare quanto prima secondo i piani dell’esecutivo Letta.
Infine c’è da risolvere anche la questione dei lavoratori quota 96 del settore scuola, quelli che pur avendo 35 anni di contributi e 61 anni di età, non sono potuti andare in pensione per l’innalzamento della soglia anagrafica minima per abbandonare la scena lavorativa.
L’ipotesi in campo è quella di differire dal 31 dicembre 2011 al 31 agosto 2012 l’entrata in vigore dei requisiti per andare in pensioni introdotti dalla riforma Fornero tenendo così conto della peculiarità dei lavoratori del comparto scuola per i quali l’anno scolastico non coincide con quello solare.