Mirafiori chi vince e chi perde

ROMA (15 gennaio) - Nell'ultima pagina di questo diario sul referendum di Mirafiori, forse ha senso tirare le somme e tentare di indicare vincitori e vinti senza la presunzione di essere nel Giusto.

1) L'INDUSTRIA
Fra i vincitori il podio va assegnato all'Industria: dopo decenni durante i quali si è celebrata la Finanza e/o i Servizi, l'Italia è tornata ad accorgersi di essere un paese industriale.

2) L'OPERAIO
Vince anche l'Operaio, figura diventata addirittura invisibile negli ultimi anni. Ora si spera che gli operai in carne ed ossa riescano a gestire bene le loro contraddizioni e a sfruttare il futuro aumento della produzione per rientrare a tutti gli effetti nella classe media. Non è vero che gli operai sono gli ultimi della scala sociale. E' meglio essere operaio che muratore a nero, precario o badante o disoccupato.

3) MARCHIONNE
Conferma di essere una figura atipica per l'Italia. Ha vinto portando un soffio di vita in un paese immobile e depresso. Ma corre dei rischi grandissimi: ha messo il futuro dell'Industria italiana sulle spalle di 5.500 persone. Ha clamorosamente sbagliato campagna elettorale finendo per offendere gli operai italiani nel momento stesso in cui li stava rivitalizzando. C'è da sperare che faccia pochi errori nel trasferire nella relatà il suo progetto globale, affascinante fino ad essere utopistico.

4) FIAT
Non vince e non perde. Qualcuno l'ha vista? Subisce Marchionne e la Fiom urlante guidata dai sindacalisti emiliani (e non torinesi) come una vecchia signora un po' spaesata. Non è stata mai in partita. Resta un po' depressa, come il resto dell'Italia, contrariamente alla rediviva e brillante Chrysler e agli operai americani contenti di potersi rimboccare le maniche.

5) IL SINDACATO
Un po' vince e un po' perde. E' ora che la smetta di litigare. Rischia di finire come in Francia, dove la Cgil e la Cisl locali contano poco più del due di briscola. La Fiom massimalista di Landini è in un vicolo cieco, dovrà trattare con la Fiat. La Camusso ha permesso alla Cgil di impossessarsi della parola d'ordine del "no" ma ora deve spendere questo capitale. Nella Cisl è emersa la preparazione di Claudio Chiarle, segretario Fim di Torino. Ne risentiremo parlare. Si riparlerà anche di Roberto Di maulo, segretario del sindacato "aziendalista" Fismic. Le novità portare da Marchionne gli aprono ampie praterie.

6) LA POLITICA
Perde. Stando a quel che si dice a Torino, la sortita di Berlusconi favorevole alla fuoruscita della Fiat dell'Italia in caso di vittoria del "no" sarà piaciuta a destra ma ha convinto molti operai indecisi a votare proprio per il "no" e certo non è stata gradita al Lingotto. Di Pietro muto a fianco della Fiom e Vendola ai cancelli di Mirafiori non hanno prodotto valore aggiunto. Bersani è parso informato ma fatalmente poco incisivo. Nella memoria resta solo il "sì" netto e convinto dei torinesi socialdemocratici come Fassino e Chiamparino.

7) L'INFORMAZIONE
Bocciata senza appello. Ormai è un classico: la gente vuole capire e il sistema informativo confonde le carte in tavola. Mirafiori è stata l'ennesima occasione per produrre rumore come può fare solo una grande orchestra impazzita. Mai tanti commentatori sono andati in tv a sentenziare su cose di cui non sapevano nulla. Ormai in Italia quasi nessuno studia più. L'economia viene trattata come spettacolo. Chi ha spiegato esattamente cosa prevede sull'assenteismo l'accordo di Mirafiori? In tv si sono viste e sentite sceneggiate, demagogia, stupidaggini e molta malafede. In un Paese che avrebbe bisogno come il pane di semplice buon senso.
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