La Uil disdetta
il patto del 1993
sui contratti

ROMA
L'accordo del 1993 su contrattazione, politica dei redditi e rappresentanza rischia di andare definitivamente in soffitta: modificato in modo sostanziale sotto il profilo della contrattazione con il patto del 2009, non firmato dalla Cgil, ma ancora in vigore per le regole sulla rappresentanza, l'accordo sta per essere disdettato dalla Uil per evitare che sia usato dall'Abi, Associazione bancaria italiana, nella trattativa per il rinnovo del contratto dei bancari. Una decisione quella della Uil apprezzata da Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro, per il quale l'accordo del 1993 ha generato «bassi salari e bassa produttività» ed è «nato morto».
«Con la disdetta» ha dichiarato Luigi Angeletti leader della Uil al Sole24ore, «il tema della rappresentanza avrà un'accelerazione. Risolvere la questione non è più rinviabile. Dobbiamo procedere con la certificazione. Era prevista anche nell'accordo tra Cgil, Cisl e Uil nel 2008, ma non si è fatto nulla». L'intesa del 1993 formalizzava e diffondeva l'esistenza delle Rsu, rappresentanze sindacali unitarie (al posto delle Rsa), elette per i due terzi dai lavoratori e per un terzo designate dai sindacati firmatari del contratto collettivo di lavoro in proporzione ai voti ottenuti. La disdetta aprirebbe quindi il tema della rappresentanza dei lavoratori in azienda. «Bisogna fare un'intesa», afferma Angeletti «perché le aziende comunichino all'Inps i lavoratori iscritti ai sindacati, ovviamente non i nomi per questione di privacy. In questo modo sapremo con certezza chi rappresenta chi». Al momento una normativa specifica sulla rappresentanza è prevista solo nel pubblico impiego.
La disdetta annunciata da Angeletti è considerata «un errore totale» da Susanna Camusso segretaria della Cgil, secondo la quale in realtà «c'è una grande paura di definire la rappresentanza».
Secondo il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni la decisione della Uil è la conseguenza di un atteggiamento dell'Abi sull'indice da utilizzare per gli aumenti salariali per i lavoratori del credito «sbagliato e incomprensibile», da contrastare in ogni modo.
Convinto, invece, che l'addio definitivo all'accordo stipulato nel 1993 sia necessario è Sacconi: «ha ragione Angeletti», ha avvertito il ministro, «l'accordo del 1993 è nato già morto. Era già stato considerato esaurito nel 1997 dalla commissione Giugni, ed era già svuotato dal nuovo modello contrattuale del 2009. L'accordo nasce morto», ha sottlineato Sacconi, «ha generato bassi salari e bassa produttività. Non ne ha azzeccata una»
Powered By Blogger