scelta dell'arbitrato per le controversie al lavoro, ma non per la risoluzione del contratto




Si è svolto l’11 marzo u.s., presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali l’incontro tra il Ministro Sacconi e le parti sociali avente ad oggetto la modulazione dell’orario di lavoro in funzione della esigenza di conciliare vita e lavoro.

Scopo dell’incontro, così come dichiarato dal ministro, era sollecitare le parti a dare vita ad un tavolo per la sottoscrizione di accordi interconfederali sulla modulazione dell’orario di lavoro e lo sviluppo della modulazione in sede aziendale.

Nel corso dell’incontro è stato distribuito ai presenti “Italia 2020” programma di azioni per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, elaborato a cura del Ministro del lavoro Maurizio Sacconi e del Ministro per le pari opportunità Mara Carfagna.

All’esito della seduta, le parti hanno preso atto della necessità di aprire un tavolo di confronto sul tema, tavolo a cui parteciperà anche il Ministro delle pari opportunità.

La Confsal, in particolare, ha guardato con favore la proposta di un tavolo su un tema così attuale quale quello della rimodulazione dell’orario di lavoro, fondamentale per consentire alle donne lavoratrici di conciliare agevolmente il lavoro con gli impegni della maternità ed in generale della vita domestica. Inoltre, la Confsal ha riportato all’attenzione del ministro la proposta fatta da tempo che rientra nell’esigenza di modulazione e cioè quello della “banca del tempo”. Si tratta, in sintesi, di permettere alle donne lavoratrici, ma non solo, di usufruire di lunghi congedi (fino ad un massimo di tre anni), da restituire a fine carriera per assistere figli minori, figli portatori di handicap, persone anziane e familiari bisognosi di assistenza continua.

Nel corso dell’incontro le parti, pur non essendo all’ordine del giorno, le parti hanno discusso anche del disegno di legge 1167-B, recante “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso

e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”; in particolare di tutte le problematiche connesse all’istituto dell’arbitrato, per la risoluzione delle controversie di lavoro, che tanto clamore mediatico ha destano nei giorni scorsi.

Invero, nell’ambito di un provvedimento di più ampia portata avente, l’art. 33, comma 9, disegno di legge citato prevede che “in relazione alle materie di cui all’art. 409 del codice di procedura civile (le controversie di lavoro) le parti possono pattuire clausole compromissorie di cui all’art. 808 c.p.c. che rinviano alle modalità di espletamento dell’arbitrato di cui agli art. 412 e 412 quater del codice di procedura civile, solo ove ciò sia previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In assenza dei predetti accordi interconfederali o contratti collettivi, trascorsi 18 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le disposizioni di cui al presente comma sono pienamente operative”.

Come è noto, l’arbitrato è un mezzo stragiudiziale di risoluzione delle controversie. Con esso le parti affidano ad uno o più soggetti terzi rispetto alla controversia, detti arbitri, la risoluzione della controversia medesima. In particolare l’arbitrato può essere rituale quando, svolgendosi secondo le regole del codice di procedura civile, conduce ad una decisione, il lodo rituale, che ha efficacia di sentenza.
E’ definito invece irrituale quando conduce ad una decisione, il lodo irrituale, che ha natura ed efficacia negoziale.

La scelta di affidare la risoluzione della controversia ad un collegio arbitrale può essere fatta dalle parti direttamente alla redazione del contratto con l'inserimento di una apposita clausola compromissoria o, successivamente dopo l'insorgere della controversia, con la sottoscrizione di un apposito accordo, il compromesso arbitrale.

In proposito, l’art. 808 codice di procedura civile, cui fa riferimento l’art. 33, comma 9, DDL 1067-B, prevede che le parti, nel contratto che stipulano o in atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di compromesso. La clausola compromissoria deve risultare da atto avente la forma scritta.

La clausola compromissoria ha dunque ad oggetto (ex art. 808 c.p.c.) le controversie che potranno sorgere da un contratto ed è anteriore al sorgere della controversia: con essa si pattuisce la via arbitrale per l’eventualità che fra le parti nascano determinate controversie.

Premessi questi brevi cenni sull’arbitrato e sulla clausola compromissoria, come è noto, nei giorni scorsi si è aperto un vasto dibattito sull’arbitrato per come disciplinato dal DDL 1167-B.

In particolare, si è ingenerato il sospetto che la norma in esame possa in qualche modo aggirare le tutele di cui all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, facendo venir meno tutte le garanzie che presiedono un eventuale licenziamento.

Proprio per fare chiarezza sulla reale portata innovativa della norma, la parti presenti al tavolo – rappresentanti dei lavoratori e rappresentanti di datori di lavoro – hanno sottoscritto la seguente dichiarazione comune: “le parti riconoscono l’utilità dell’arbitrato, scelto liberamente ed in modo consapevole dalle parti, in quanto strumento idoneo a garantire una soluzione tempestiva delle controversie in materia di lavoro a favore della effettività delle tutele e della certezza del diritto. Le parti si impegnano pertanto a definire con tempestività un accordo interconfederale, escludendo che il ricorso delle parti alle clausole compromissorie poste al momento dell’assunzione possa riguardare le controversie relative alla risoluzione del rapporto del lavoro”.

Nel corso dell’intervento la Confsal ha guardato con favore la possibilità per il lavoratore di far ricorso ad arbitri soprattutto nel caso in cui la rivendicazione nei confronti del datore di lavoro abbia ad oggetto pretese di natura economica. Ciò in quanto il ricorso ad arbitri in tali situazioni consentirebbe al lavoratore di avere giustizia in tempi brevi, senza dover attendere le lungaggini del processo del lavoro. Discorso diverso per quanto attiene la materia della risoluzione del rapporto di lavoro, ipotesi in cui è bene che la materia rimanga nella esclusiva competenza del giudice del lavoro (ufficio legale Confsal – M.R. Curti).

Powered By Blogger